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Il cinema nel pallone: sul calcio meglio il documentario

La Fondazione “Libero Bizzarri” si vuole caratterizzare e sceglie il “Calcio” come campo di indagine e studio. La scelta rappresenta un elemento di novità e singolarità, infatti, il Festival “Bizzarri” è l’unico in Italia a trattare, specificamente, questo tema.

Registrare il fenomeno “Calcio” con spirito di osservazione, partecipazione, con l’ottica dell’interesse culturale e con l’acuta indagine della curiosità è la vision e la mission che la Fondazione si è data. Sarà il linguaggio del Documentario a presentare, in modo artistico, conoscenze, sentimenti ed emozioni a cogliere e rappresentare nodi problematici, valori condivisi, aspirazioni, denunce, passioni, in un’ampia gamma di sfaccettature.

Il cinema ed il calcio rappresentano l’entusiasmo popolare per eccellenza. Per quanto possa apparire strano, però, le passioni che più hanno segnato la vita degli italiani, dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri, non sono mai riuscite ad incontrarsi in maniera compiuta. Dai primi anni Cinquanta, passando per il boom economico, fino agli anni Ottanta, ondate di spettatori si sono accalcate ai cancelli dello stadio e agli ingressi delle sale cinematografiche, con lo stesso entusiasmo e spesso con le stesse provviste: dalla busta di lupini alla cedrata, lasciandosi coinvolgere dalle emozioni con l’immancabile sigaretta sulle labbra.

Il cinema italiano, sempre puntuale nel rappresentare l’immaginario collettivo popolare, poche volte è riuscito a cogliere l’essenza dell’universo pallonaro. I nostri migliori autori si sono sempre aggrappati all’umorismo per raccontare l’amore dei tifosi che cominciavano a fare della passione calcistica una patologia domenicale. La commedia all’italiana, attraverso l’urlo liberatore di Gassman nell’episodio “Che vitaccia” de I mostri, riproduce il vagito di nascita dell’italico tifoso;e poi con l’ impetuoso Alberto Sordi, ne Il presidente del Borgorosso Football Club, anticipa quei personaggi straordinari che caratterizzeranno le focose e spesso sgrammaticate interviste della domenica sera e dei primi processi del lunedì; con L’arbitro di Stefano Zucca, in cui il vanesio “fischietto” Stefano Accorsi retrocede dalla Champions alla terza categoria sarda, sottolinea l’enorme differenza tra un calcio ormai ridotto a spettacolo televisivo e quello primitivo, ancora rozzo e sanguigno.

Oltre la commedia anche i film strettamente comici, in cui spiccano senza dubbio i due cult come Eccezzziunale… veramente di Carlo Vanzina (a cui va il nostro commosso abbraccio) e L’allenatore nel pallone di Sergio Martino, hanno raccontato alcuni lati divertenti del calcio. Per non citare le tante, forse troppe, commedie pecorecce che hanno messo in scena i numerosi vizi del calcio attraverso la battuta greve e l’esposizione della “bella” di turno. Nonostante molti bei film sulle storture del sistema calcio e sulle dinamiche dello spogliatoio come Ultimo minuto di Pupi Avati o L’uomo in più di Paolo Sorrentino, manca il vero capolavoro, non c’è il Toro scatenato di Scorsese o il MillionDollar baby di Eastwood sul pugilato; quella Sporca ultima meta di Aldrich o Ogni maledetta domenica di Oliver Stone sul Football, il Wegot game di Spike Lee o Chi non salta biancoè di Shelton sulla pallacanestro.

Meglio, molto meglio ha fatto il documentario, libero di non seguire gli istinti dello sport passionale per eccellenza, quanto piuttosto di osservare le varie componenti che lo costituiscono e che fanno del calcio un sistema certamente bello ma altrettanto fragile. Il documentario si svincola dalla rappresentazione dell’irrappresentabile, non prova a riprodurre quel coacervo di lucida follia emozionale che è il tifo calcistico, preferisce fotografarlo così com’è, come in E.O.M. (Estranei Alla Massa) di Vincenzo Marra, documentario su uno dei gruppi più problematici dell’universo ultras del tifo napoletano. Attraverso il racconto del reale si possono analizzare numerosi problemi che attanagliano il calcio, come quello dell’insolvenza delle molte società sportive. Un tema quanto mai attuale. Molti sono i documentari su questo filone, racconti in cui la realtà economico-giuridica spesso è nascosta dentro una serie di “scatole cinesi”, ma che svelano una verità emotiva ben più grave: i tifosi si stanno allontanando dalla propria squadra e spesso da questo sport.

Uno degli esempi più malinconici ed insieme divertente è il documentario Una meravigliosa stagione fallimentare in cui si ripercorrono le complesse vicende del Bari Calcio, un’odissea societaria che trascina alla deriva l’amore dei tifosi. Un amore che crolla a sentire le voci del film Cant’tbuy me love – La passione non si tocca, di Andrea Stagnitto, che segue il doppio binario dell’analisi economica del sistema calcio e del tifo organizzato. In definitiva il documentario può permettersi con gli strumenti più propri (interviste, indagini e analisi dei documenti) i tempi lunghi dell’argomentazione per raccontare luci ed ombre dello sport più amato dagli italiani. Illuminando anche i suoi lati più oscuri come la malinconia o la depressione che può colpire sia chi ce l’ha fatta a inseguire il proprio sogno sia chi quel sogno lo ha inseguito invano: valgano come esempio la toccante vicenda di Agostino Di Bartolomei affrontata dal documentario di Francesco Del Grosso 11 Metri e le disavventure dei ragazzi che non ce l’hanno fatta a raggiungere traguardi importanti nel bellissimo Zero a Zero di Paolo Geremei.

Il documentario italiano affrancato dai budget importanti e dunque dalle imposizioni delle grandi produzioni può permettersi con la sua agilità e la sua indipendenza di investigare alcuni ambiti del sociale senza timori reverenziali. Tutti i lavori del produttore e appassionato di calcio Gianluca Arcopinto (autore anche del libro Il calcio è bello se la passi sempre) vanno in questa direzione: Sogni di cuoio di Elisabetta Pandimiglio e Cesar Meneghetti già qualche anno fa aveva raccontato la storia di una ventina di calciatori argentini e uruguayani arrivati in Italia con il sogno di sfondare nel calcio. Una storia autentica e dolorosa in cui lo sport diventa il pretesto per aprirsi a tematiche altre, come l’emigrazione di ritorno. Sempre da un’idea di Arcopintonasce nel 2014 il Collettivo Mina (Elisabetta Pandimiglio, Massimiliano Pacifico, Gelsomina Pascucci, Cristiano Di Felice, Marco Palma, Sergio Andrei, Valerio Carocci, Luca Tognocchi, Gianluca Arcopinto) che ha raccontato con il film Scuola Calcio una piccola squadra del rione Sanità i cui piccoli calciatori chiassosi, indisciplinati, estroversi, hanno l’opportunità di giocare una finale vera. Perché il calcio è
sì un modo di ritornare all’infanzia, ma non deve certo diventare un sogno per tappare i problemi della nostra esistenza e non deve farci dimenticare che dietro una palla che rotola ci sono i sogni dei bambini e le passioni degli adulti, ma anche tante dinamiche economiche, strutturali, esistenziali, spesso distorte.

Andrea Fioravanti