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25^ Premio Bizzarri: l'editoriale di Maria Pia Silla

Il Festival del Cinema Documentario – Premio “Libero Bizzarri” si specializza e sceglie il “Calcio” come campo di indagine e studio. La scelta rappresenta un elemento di novità e singolarità nel panorama dei Festival, infatti, il Festival “Bizzarri” è l’unico in Italia a trattare, specificamente, questo tema. Sarà il linguaggio del Documentario a presentare, in modo artistico, conoscenze, sentimenti ed emozioni a cogliere e rappresentare nodi problematici, valori condivisi, aspirazioni, denunce, passioni, in un’ampia gamma di sfaccettature.

Si osserverà il Calcio come fenomeno glocal, globale e locale, rito di fondo ed evasione in grado di interpretare aspetti e aspirazioni comuni a ogni essere umano, come fenomeno di supplenza e di trasferimento semantico e simbolico, giustificato forse dall’esigenza di colmare vuoti esistenziali e di sconfiggere incertezze quotidiane. Il Festival vuole essere luogo di immagini, luogo di incontri ed eventi, che avranno come protagonisti personaggi, autori,
storie. Vuole dare rappresentazione a scelte socio-antropologiche, filosofiche, culturali le cui tracce il cinema documentario riesce efficacemente a seguire, tenendo insieme memoria e futuro, coscienza della realtà, tensione verso
l’altrove, riflessioni e ricerca. Vuole offrire un contributo al giudizio e all’analisi ragionata e documentata della realtà servendosi di uno strumento di disamina e di ricognizione che in primo luogo scenda sul nostro territorio e nell’immaginario comune.

In questa Edizione il Festival propone riflessioni e analisi sul declino che il calcio italiano sta vivendo e su come si possa andare oltre il decadimento. Questi i temi e i campi di riferimento:
- La Pratica sportiva, che deve tornare a essere educazione al rispetto dei compagni, dei tecnici, degli avversari e
degli arbitri; educazione alla disciplina, alle regole; superamento del tifo delirante e della violenza sportiva tanto negli
stadi, che nei campi di periferia.

- Il rapporto Sport-Scuola. Come conciliare l'ora di educazione fisica in Italia, che è, spesso, unìora di ricreazione, con
lo sport agonistico? Come definire il ruolo degli insegnanti: ostilità? Collaborazione? Come riferirsi ai modelli stranieri:
imitare o adattare?

- Il rapporto Sport-Genitori - I Genitori-dirigenti. Enormi sono le pressioni e le aspettative dei Genitori. Siamo tutti
padri (o madri) di Ronaldo?! Lo sport giovanile non è più gratuito, si pagano rette anche abbastanza salate, quindi....ho pagato e mio figlio deve giocare!. È arrivata una “vera, nuova classe dirigente: i Genitori”. Pagano per far giocare il figlio, quindi intervengono. Vanno in massa agli allenamenti, alle partite. Questo ha portato il calcio dei ragazzini a spezzarsi in undici individualità, ognuno gioca per piacere al proprio genitore, per non sentirlo litigare; questo aumenta in modo esponenziale la tensione e la possibilità di scelte sbagliate nel gioco, che ormai non è più un gioco.

- Il Settore Giovanile e Scolastico (SGS) della Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC). I rapporti fra la
Federazione e le Società. I rapporti fra Società professionistiche e dilettantistiche. Come adeguare gli investimenti, sia federali, sia da parte delle Società, per i Centri federali finalizzati alla selezione; per le collaborazioni con Società e Scuole; per la formazione dei tecnici federali? In Spagna, Germania e Inghilterra i top Club investono circa il 10% dei ricavi nel settore giovanile in strutture, tecnici e scouting, convitti, logistica dei trasporti, ecc.. In Italia solo poche Società arrivano, al massimo, al 4-5%.

- I “Maestri” dilettanti. Chi insegna calcio oggi in Italia? Abbiamo circa settemila scuole, con una decina di istruttori in ciascuna, quindi abbiamo settantamila istruttori. Chi ha insegnato agli insegnanti? Praticamente nessuno. Portando dovunque “maestri dilettanti” abbiamo tolto ai ragazzi la capacità di giocare come credono: devono giocare come dicono i “maestri dilettanti”. Così i ragazzi hanno smesso di pensare, eseguono. È aumentata molto la loro competenza, sanno tutto di tutto, ma non giocano a calcio, lo praticano.

- La tv ha cambiato il calcio. Vent'anni di televisione hanno cambiato la psicologia del calciatore. Prima giocava per
ventimila persone, ora per milioni ogni volta. La sua esposizione lo ha reso una grande azienda personale, ne ha allungato le esigenze, forse i vizi, l'autostima, l'importanza, ne ha fatto un uomo assolutamente particolare. Questo lo
porta a pensare prima a sé, ai propri interessi generali anche dentro la singola partita.

- Il confronto tra calcio e altri sport. “Calcio e rugby, così lontani e così vicini”

 

           Maria Pia Silla