Il presidente, Carlo Lizzani
Come molti registi della mia generazione sono partito dal documentario, che ho continuato a praticare per tutto l’arco della mia vita. Sono stato un anno in Cina per la Grande Muraglia e in Angola per Africa Nera Africa Rossa. In questo paese ho visto i conflitti fra i due gruppi che
si contendevano il potere. Sembrava dovessero mettersi d’accordo in sei mesi, è durata fino a
due anni fa, trent’anni per vedere l’Angola pacificata. Ma l’Africa è quel Continente in cui continuano ancora massacri terrificanti. Nella saggistica ho dato ampio spazio al documentario
nel libro “Il discorso delle immagini”, in cui ho teorizzato, credo in modo inoppugnabile, che
la parola “film” deve essere usata in senso onnicomprensivo. In letteratura è letteratura una
poesia di una riga o di due righe, stile “M’illumino d’immenso”, ma anche “I promessi sposi” o
“Guerra e pace” o “Il principe” . Anche la saggistica può essere considerata letteratura. Questa
mia convinzione l’ho applicata quando ho diretto la Mostra di Venezia, dove proiettai film
e documentari che, per me, erano appunto dei veri e propri film, proiettai anche Berlin Alexanderplatz
di Fassbinder, sedici ore. Anche quello era un film. Mi sono sempre battuto per il
riconoscimento della pari dignità tra film e documentario perché come in letteratura esistono
il romanzo, la poesia e la saggistica, così nel cinema esistono i film normali, quelli che potremmo paragonare alla narrativa e i documentari, che sono poi la saggistica. Detto questo devo
però ricordare che se c’è un paese che questo concetto non lo ha recepito è l’Italia e l’aver
creato l’Accademia Internazionale del Documentario dedicata a Libero Bizzarri e di avermene
affidato la presidenza, è un fatto che mi fa onore e fa onore all’Italia. Pensate che l’Italia ha
cancellato Artè dai palinsesti della tv satellitare, se qualcuno vuole vederla deve sintonizzarsi
su quella francese o quella tedesca, quella italiana ha chiuso. Per fare un esempio di quanto il
documentario sia da noi considerato un nulla, posso dire che da un po’ di tempo mi diverto con
la video-saggistica realizzando diversi lavori per la Felix Film. Per inciso questi lavori non hanno
trovato mercato in Italia mentre sono stati venduti molto bene all’estero, specie le tre ore che
ho realizzato sul neorealismo. “Time Magazine”, in un articolo di cinque pagine in cui prendeva
in considerazione, osannandoli, i film di Martin Scorsese finiva dicendo: “però se volete un
approccio più scientifico alle tematiche del neorealismo, lo si può trovare nelle librerie di Los
Angeles, è il documentario di Carlo Lizzani, una antologia di 3 ore sul neorealismo”. L’antologia
uscì in Italia nel 1996, in America nel 2000 e ne fui entusiasta soprattutto perché fu un lavoro
di gruppo e toccò a me la stesura definitiva. In Italia dovremmo provare un po’ di vergogna
per atteggiamenti che nulla hanno di artistico né di culturale. In questo clima è incredibile la
maturità che già dimostra questa Accademia, nata da poco ma perfettamente inserita in un
mondo che ne avvertiva un bisogno incredibile. Lasciatemi esultare per questa istituzione di
cui sono onorato di essere il presidente, perché si incontra perfettamente con una propensione
a dare al documentario un posto d’onore nel cinema più o come la narrativa, con lo stesso
rispetto, lo stesso spazio, la stessa dignità.
*Presidente Onorario Accademia Internazionale del Documentario Libero Bizzarri